io la vedevo, dovevo
il mio nuovo scritto per Barricate edizioni

una piccola storia dimenticata che continua a far girare la storia

lo trovate:
Libreria Il Catalogo, via Castelfidardo 60, Pesaro
Lento Bookshop, via A. Bertola 52, Rimini
Hostaria Il Brigante, via F.lli Linguiti 4, Salerno

pagina facebook


2020
dicembre
11 dicembre - Cesena

settembre
5 settembre - Il Confine _ Massa Lombarda (RA)

agosto
23 agosto - Piccola Rassegna Letteraria _ Portico di Romagna

luglio
31 luglio - Piazzetta Porta di Sotto _ Mondaino

marzo
31 marzo - in streaming - Università di Urbino

febbraio
1 febbraio - Palestra Popolare Baccelli _ Trullo - Roma
1 febbraio - Studio Coni Stella - La Frangia _ Pigneto - Roma
2 febbraio - Il Piccolo Principe _ Maccarese
dal 10 al 17 febbraio - in residenza a Reggio Emilia

gennaio
31 gennaio -  a casa di Sara _ La Pisana - Roma

2019
dicembre
12 dicembre - Bar Diamond _ Gabicce 
27 dicembre - Bar Lento _ Rimini

novembre
8 novembre - Circolo GranMa _ Bologna
9 novembre - A.N.P.I. sez. Parma _ Parma

ottobre
12 ottobre - Libra bookfestival _ Chiusi della Verna
24 ottobre - Casa del Popolo di Solaio _ Pietrasanta
25 ottobre - via Roma 49 _ Reggio Emilia
26 ottobre - Agricampo Ca' Bianca _ Bagnolo in Piano 
30 ottobre - Libreria Indipendente Trebisonda _ Torino

settembre
11 settembre - PratoFactory _ Prato
14 settembre - Crisalide _ Forlì

agosto
18 agosto _ Bisaccia
21 - 25 agosto - La luna e i calanchi _ Aliano

luglio
1 luglio ore 19.00 - Libreria Il Catalogo _ Pesaro
3 luglio ore 20.30 - Casa Madiba _ Rimini
28 luglio ore 19.00 _ Cal Bianchino _ Urbino

giugno
1 giugno dalle 19.00 - IlluminArti festival _ Piedimonte Matese
12 giugno ore 21.00 - Alpstation _ Arezzo
14 giugno ore 18.30 - Studio Daris _ Lucca
15 giugno ore 19.00 - Cro _ Pietrasanta
30 giugno ore 21.00 - Estati indiane _ Cesena

maggio
25 maggio ore 16.30 - boscost'orto _ Gemmano
30 maggio ore 21.00 - Il Brigante _ Salerno
31 maggio ore 20.30 - Il Grottino _ Napoli





"Procuratevi una scrittura che parla direttamente alle viscere: “io la vedevo, dovevo" di Ivan Fantini. È un libretto non facile da acquistare e non semplice da digerire, ma quanto fa bene al pensiero… E che privilegio poterne ascoltare la lettura per voce dell’autore.”
Michele Marziani

Sollevati di peso – dalle prime parole sento il mio corpo – e portati controvoglia in un luogo. Sollevata di peso e messa – a forza- dentro il corpo di un’altra, corpo scomodo. Forse non controvoglia, ma contro direzione si: in questo momento non ho energie per pensare alla storia, al dolore, ai corpi di altri e sento il mio come fatto d’aria separato dal mondo con la carta velina. 

Poi il dialetto così vitale e poi il ritmo delle prime pagine (non è il ritmo di chi scrive da seduto) mi attirano, anzi mi tirano ( ma non tutta, una parte di me allunga le gambe pesta i piedi vuole resistere).

Caduta dentro.

Ed è dolore, ed è sensazione fisica che lacera (veramente) la carta velina della mia pelle ed è insieme respiro di bosco, di sporco, di meraviglia. Non alla fine, nessun bene, nessuna resurrezione finale. E’ vita durante, in mezzo alle parole, in mezzo alle poesie. 

Viaggio che mi rimette ( non si perde questo libro, resta lì nel pensiero) nei piedi nelle gambe, bacino tronco braccia collo testa. E mi convince ancora una volta all’umiltà. Grazie.

Marta Bichisao


A ho da dì del robe cl'in si po' santì, alora al scriv per ne sté zetta.
Devo dire delle cose che non si possono sentire, allora le scrivo per non stare zitta.
Du ca sirvie vuèlt? ”. Dove eravate voi?
Quando il vissuto diventa orribile e doloroso a tal punto da non riuscire a farne racconto orale e tuttavia è indispensabile raccontarlo, trasmetterlo per lasciarne traccia, allora si scrive proprio per non stare zitti. Non si può tacere, non si può trattenere nelle viscere un dolore troppo grande. La Donna, l'anarchica, la matta, la lupa selvaggia, la puttana trova finalmente le parole, quelle parole che diventano strategia di sopravvivenza.
Du ca sirvie vuèlt?”. Dove eravate voi?
La Donna è nascosta nella tana come un animale; in quella tana accoglie e nasconde sfollati e partigiani braccati come lei. La Donna procura loro un nascondiglio sicuro, un anfratto, qualcosa da mangiare, un riparo dal freddo pungente. Lei sa accogliere e riscaldare perché è “un randagio con l'affanno delle carezze”.
Du ca sirvie vuèlt?”. Dove eravate voi?
Proprio voi che adesso le cucite addosso le etichette di matta e puttana, non c'eravate voi in quei buchi puzzolenti scavati nel terreno, in quelle tane dove arrivavano gli sfollati e i partigiani e lei li sfamava “senza voler niente in cambio e senza dire niente”. Lei li vedeva, doveva. Lei abbracciava corpi scarnificati, con le costole che uscivano da sotto la pelle.
La pelle, quella pelle che la Donna ricamava incidendosi per dare “vita a un atto simbolico nei confronti del dolore e le ferite inflitte alle braccia si rivelavano un mezzo di lotta contro la sofferenza”. La Donna, che in queste pagine ripete ritmicamente il suo angoscioso e rabbioso “Du ca sirvie vuèlt?”, visse in bassa Romagna. La sua storia tra prosa e poesia, tra pièce teatrale e atto d'accusa ci lascia solo immaginare questa figura femminile “diversa” e, per questo, ai margini della società. Prima “diversa” perché anarchica e antifascista e per questo iscritta nel casellario e schedata e multata per aver cantato” se ammazziamo Mussolini non ci arresteranno più”; dopo, alla fine della guerra, “diversa” perché atea e irrispettosa verso il concetto di proprietà. La Donna è sempre fuori dagli schemi anche quando viene ammessa a lavorare come muratore, unica donna, nel 1948 alla ricostruzione edile. Sarà ancora ai margini di una società che, dopo la guerra, ripristinerà regole maschiliste e patriarcali e vivrà in povertà in un casolare abbandonato tornando ad essere considerata scandalosa, isterica e puttana.
Ivan Fantini ce la racconta.

ho visto il suo sguardo capovolgersi
ascoltato le sue parole confinate in gola
per troppo tempo

ho assistito alla complicità tra pelle e corpo
farsi memoria
sorreggersi per ritrovare un presente degno

ho vissuto i traumi subiti
e la trascurabile felicità di un tempo
attraverso i suoi ricordi

ho sentito il dolore
scaturire dal vivere cercando di ricordare
e dal voler ricordare per continuare a vivere”

Ivan Fantini ha riportato la Donna fra noi. Perché?
Perché la vedeva e perché doveva.
Non ne conosciamo il nome ma non importa chi fosse e come si chiamasse: noi tutti,
attraverso il suo racconto, l'abbiamo vista.

Sara Ferraglia


Vuelt du ca sirvie?
Doveva insistere nella scrittura Ivan, frantumarla, affondarci dentro; doveva leggerla ad alta voce, distendere l’afflusso di sangue venoso sulle tempie, sciogliendo le parole sotto la lingua, per comporre l’urgenza e plasmarla, per poterla sputare fuori ancora e allontanarla, solo dopo averla masticata.
L’eco, la risonanza di quella domanda iniziale è una porta della percezione. Nel tempo sospeso e lattiginoso di un inverno che non è solo dell’anima, quell’interrogativo ripetuto, ossessivo, è un diapason che va in avanti e a ritroso spezzando i vincoli della storia. E lei, la storia, cessa di esistere attraverso le pagine, incespicando, precipitando sul finire della riga e rialzandosi ad ogni attacco del tratto di inchiostro, per diventare sensazione. Si traveste da scrittura, all’occhio piatta, priva di punteggiatura, di differenze tra lettere maiuscole e minuscole, come quel tempo color seppia dove tutto è cominciato, ma al suono pronunciato o immaginato, eccola frequenza cardiaca, battito spasmodicamente dilatato e contratto.  No, non è emozione, è pura sensazione: sensazione permeante che risucchia dentro a un tempo senza tempo, un tempo tutto interiore. 
E’ metamorfosi dell’immateriale, il dentro di una donna, l’abisso di una donna che avvinghia la gola, da forma e sostegno a quello che ci passa attraverso. 
E’ alchimia indecifrabile, intrisa nel mistero di ciò che cresce e divora nell’ombra un essere umano e che ritorna fisicità in negativo in chi la accoglie, modella su di sé chi la avverte.  Quasi che solo spaccando il velo del sublime, la vita possa realmente mostrarsi, erompere dalla carne ed essere vista, senza bisogno di occhi, lì fissata in quel nodo in fondo alla gola.
E’ dignità inconsapevole, una condanna naturale o solo indomabile istinto a vivere, destinato a collidere contro l’isolamento e l’incomprensione. L’eco della domanda iniziale si allarga nella deflagrazione di tutto il peso di essere stati presenti a sé stessi, senza cedimenti, incapaci di voltare le spalle, sospinti verso un’unica direzione possibile.
Il dolore sta sospeso, aleggia ma non si può guardare, va restituita materialità al sentire per potercisi sottrarre, trasformare quello stesso sentire in percezione fisica, ferendosi per non perdersi. 
Era edera e l’edera non è pianta parassita. Nata senza sostegno proprio, deve imparare a sostenersi per sopravvivere, libera si àncora e sta. Libera da condizionamenti della forma, vive.

“voleva sentirsi essere, perché essere non le bastava più”
Dalila Sansone


“Un racconto intenso, sporco, magistrale e carnale."
Mattia Speranza




"L'urgenza di scrivere si è tradotta nell'urgenza di leggere. La lettura cade nelle parole di edera con una musicalità e una dolcezza infinite. Essere donna c'entra, c'entra essere quell'essere, c'entra sentire la sua selvaticità, l'additamento, la slealtà del meccanismo, c'entra essere donna e restare centrata in se stessa, fiera, ma con la necessità di un gesto di ridefinizione. edera ci ricorda la stupidità asettica delle nostre vite tese a coprire gli odori, gli umori. È umana, carnale e nello stesso tempo statuaria con la sua pelle confine col mondo. Il suo corpo a corpo con la lepre, l'idea della preda da cacciare, la simbiosi di due esseri smarriti diventano la stessa carne. La cenere sui tagli, la neve nella bocca, l'armonia del riflesso che le uccide il nome; ci si sente parte del tutto, della lotta per la sopravvivenza, della lotta contro chi ti vuole nel sistema, della lotta con l'animale, un sentire sincero, e ancora la lotta con se stessi quando si sente di incarnare un vuoto che non si riesce a colmare. Le favole ci insegnano fin da bambini quanto una donna che sia fuori dalle regole custodisca la magia del mondo, allora interviene la società, anche Cenerentola va fatta sposare, la sua potenza è pericolosa. Colpa del decoro. Piuttosto, pazza. Perciò Artaud deve aver scritto Alice in manicomio.” 
Grazia Coppola


31 luglio - Piazzetta Porta di Sotto _ Mondaino
grazie a Francesca e a chi c'era




31 marzo - diretta streaming _ Università di Urbino
grazie a Laura, agli studenti e a chi ha seguito la diretta



10 - 17 febbraio - residenza in via Roma, Reggio Emilia
grazie a via Roma tutta e a chi la anima









2 febbraio - Il Piccolo Principe Yogarmonia _ Maccarese
grazie a Giuseppe, Stefania, Margherita, Caterina e a chi c'era





1 febbraio - Studio Coni Stella - La Frangia _ Roma
grazie a Giuseppe, Guendalina, Giulia e a chi c'era






1 febbraio - Palestra Popolare Baccelli _ Roma
grazie a Giuseppe, Anna e a chi c'era





31 gennaio - a casa di Sara _ Roma
grazie a Sara, Arturo, Valeria e a chi c'era




27 dicembre - Bar Lento _ Rimini
grazie a Simo, Valentina e a chi c'era





12 dicembre - Bar Diamond _ Gabicce
grazie a Cecco e a chi c'era




9 novembre - A.N.P.I. sez. Parma _ Parma
grazie a Ilaria, Brunella, Ilaria, Dalila e a chi c'era







8 novembre - Circolo GranMa _ Bologna
grazie a Francesca e a chi c'era





30 ottobre - Libreria Indipendente Trebisonda _ Torino
grazie a Elena, Diego, Malvina, Toni e a chi c'era





26 ottobre - Agricampo Ca' Bianca _ Bagnolo in Piano
grazie a Silvia, Davide, Jessica, Marcello, Cleide e a chi c'era



25 ottobre - Via Roma 49 _ Reggio Emilia
grazie a Silvia, Federico, Pierluigi, al coro e a chi c'era





24 ottobre - Casa del Popolo di Solaio _ Pietrasanta
grazie a Maurizio, Ursula, Giovanni e a chi c'era






12 ottobre - Libra Casentino Book Festival _ Corezzo
grazie a Michele, Mattia, Paolo e a chi c'era









14 settembre - Crisalide _ Forlì
grazie a masque teatro e a chi c'era






11 settembre - PratoFactory _ Prato
grazie a Maruska, al C.U.T. e a chi c'era












21-25 agosto - Festa della Paesologia _ Aliano
grazie a Franco, Livio, Andrea, Vittoria e a chi c'era



















18 agosto - Casa della Paesologia _ Bisaccia
grazie a Andrea, Giuseppe e a chi c'era




28 luglio - Cal Bianchino _ Urbino
grazie a Gigia, Carlo, Elio e a chi c'era




3 luglio - Casa Madiba _ Rimini
grazie a Francesca, a tutta Casa Madiba e a chi c'era










1 luglio - Libreria Il Catalogo _ Pesaro
grazie a Giovanni, Alessandra e a chi c'era




30 giugno - Estati Indiane _ Cesena
grazie a Nhandan, Branko e a chi c'era








25/5/19-26/6/19
prima ristampa di "io la vedevo, dovevo"



grazie, grazie alle donne e agli uomini di Caserta, Salerno, Napoli, Piedimonte Matese, Arezzo, Lucca, Viareggio, Pietrasanta, Altamura, Cesena, Pesaro, Rimini, Forlì, Chiusi della Verna. grazie per aver accolto, ospitato e divulgato questa mia urgenza di scrivere, urgenza che ora arriverà anche ad altri. il viaggio di "io la vedevo, dovevo" continua grazie a voi. sempre avanti!



15 giugno - Cro _ Pietrasanta
grazie a Giovanni e a chi c'era




14 giugno - Studio Daris _ Lucca
grazie ad Alessandro, Memmo e a chi c'era




12 giugno - AlpStation _ Arezzo
grazie a Dalila, a tutto AplStation e a chi c'era




grazie a Mattia





1 giugno - IlluminArti _ Piedimonte Matese
grazie a Giovanna, Ada, Gianfrancesco, Grazia, Imma e a chi c'era





31 maggio - Il Grottino _ Napoli
grazie a Mariangela, Grazia, Imma e a chi c'era







30 maggio - Il Brigante _ Salerno
grazie a Sandro, Tonia e a tutti i compagni anarchici








25 maggio - boscost'orto _ Marazzano
grazie a Paola, Italo, Chiara, Carlotta e a chi c'era







sabato 25 maggio ore 16.30

io la vedevo, dovevo
il mio nuovo scritto per Barricate edizioni
una piccola storia dimenticata che continua a far girare la storia
lo presenterò con una lettura ad alta voce sabato 25 maggio alle 16.30 al boscost'orto, il luogo che ha ri-generato l'urgenza di raccontare la storia di una donna apostrofata a sproposito, ammonita, schedata, isolata.
una povera pazza, una puttana...
ma era questo che era?
era questo che era?

sarò in compagnia di amici e compagni, non mancherà pane vino e companatico. 
vi aspetto 



l'ho vista rimestare nel vissuto degli occhi e del corpo
far fluire attraverso il sangue il proprio tempo
il proprio spazio

l'ho vista incrociare lo sguardo con il ricordo
i luoghi senza più un nome
con i corpi senza più un nome
ciò che ora chiamiamo libertà

ho visto il suo sguardo capovolgersi
ascoltato le sue parole confinate in gola
per troppo tempo

ho assistito alla complicità tra pelle e corpo farsi memoria
sorreggersi per ritrovare un presente degno

ho vissuto i traumi subiti 
e la trascurabile felicità di un tempo
attraverso i suoi ricordi
ho sentito il dolore che scaturisce dal vivere cercando di ricordare
e dal voler ricordare per continuare a vivere

ho sentito il vuoto
l'isolamento
il silenzio

ho dovuto
ho voluto
ripercorrere un sentiero preso dall'urgenza di un conflitto interiore 
che ora
mi appare meno strappato